02 giugno 2011

3. "ILLEGITTIMO" IMPEDIMENTO

L’approfondimento sul referendum del 12 e 13 giugno 2011 termina con l’analisi dell’ultimo quesito al vaglio degli elettori: quello relativo alla norma sul legittimo impedimento del presidente del consiglio e dei ministri.
Preliminarmente occorre spiegare il significato di legittimo impedimento: il nostro codice di procedura penale prevede che un imputato possa richiedere il rinvio di un’udienza processuale che lo riguarda, in caso di “assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento” (art. 420ter c.p.p.). Ovviamente spetta al giudice la valutazione circa il reale impedimento a comparire dell’imputato.


QUESITO REFERENDARIO
La legge che si intende abrogare è la 51/2010, che rappresenta un’estensione del concetto di legittimo impedimento. Nello specifico la legge sancisce che per il presidente del Consiglio e per i ministri, ove imputati in un processo, costituisce legittimo impedimento lo svolgimento delle loro funzioni previste dalla legge, nonché qualsiasi attività preparatoria o connessa. Praticamente, il premier, ha il diritto di non presentarsi di fronte al giudice, rinviando il processo, anche quando, ad esempio deve preparare un meeting o una riunione istituzionale. L’aspetto più incomprensibile della norma riguarda il fatto che non è prevista la possibilità per il giudice di rifiutare l’impedimento proposto, per cui se esso sia legittimo o meno lo decide l’imputato. Una sorta di autocertificazione. Altra parte deleteria è il comma 4 dell’articolo 1 che recita: “Ove la Presidenza del Consiglio dei Ministri attesti che l’impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo a udienza successiva al periodo indicato, che non può essere superiore a sei mesi”. Praticamente il premier può attestare che per sei mesi l’attività istituzionale gli impedisce di recarsi in udienza e,de plano, il processo viene rinviato. Poiché la legge ha validità per i diciotto mesi successivi alla sua entrata in vigore, di fatto il premier può disertare le aule di giustizia per un anno e mezzo.


LE RAGIONI DEL NO
Secondo i berluscones questa legge risultava necessaria e rappresenta l’ultimo atto della battaglia tra il premier ed una parte della magistratura policitizzata che vuole eliminarlo dalla scena politica attraverso imputazioni inventate. La versione più “moderata” è invece quella di consentire al Presidente del Consiglio dei ministri il sereno svolgimento delle funzioni attribuitegli dalla Costituzione e dalla legge e di trovare una soluzione volta a garantire un nuovo equilibrio tra il potere politico e la giustizia.


SENTENZA DI INCOSTITUZIONALITA'
Nel gennaio 2011 la Corte Costituzionale si è pronunciata sul legittimo impedimento grazie all’eccezione di costituzionalità sollevata dal tribunale di Milano nell’ambito del processo Mills. La Consulta ha cassato il già citato comma 4 dell’articolo 1, per evidenti contraddizioni con l’articolo 3 della Costituzione, mantenendo valido il resto del testo ma evidenziando che è indefettibile il potere discrezionale del giudice circa l’opportunità dell’impedimento. Il provvedimento è stato fortemente ridimensionato (tanto da far ripartire tutti i processi a carico di Berlusconi) ma rimane ancora nell’ordinamento giuridico e quindi, in vigore.
Resta ancora in piedi il diritto del premier, negato ai cittadini comuni, di autocertificare la propria indisponibilità, pur se da sottoporre al parere del giudice.
È per questo motivo che il referendum è rimasto valido, nonostante la parziale bocciatura della legge.


BREVI CENNI STORICI
Per capire come si è arrivati ad una situazione così assurda occorre fare un passo indietro, e fare un breve excursus circa l’eterna querelle tra Berlusconi, la magistratura che lo indaga ed il tentativo dei suoi servetti in parlamento di immunizzarlo dalla legge penale.
Nel 2003 il senatore Antonio Maccanico, per evitare (a detta sua) che nei mesi di presidenza italiana del consiglio europeo potesse venire compromessa la reputazione del nostro paese a livello internazionale, a causa dei processi a carico del premier, propose il cosiddetto Lodo Maccanico(poi modificato con il maxi-emendamento Schifani). Con questo provvedimento si stabilì che non potevano essere sottoposti a processi penali, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione fino alla cessazione delle medesime, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, il Presidente della Camera dei Deputati, il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Corte Costituzionale.
Determinazione netta, secca in totale spregio di qualsiasi criterio democratico. All’epoca serviva a neutralizzare le accuse a Berlusconi nel processo SME.
Dall’agosto 2008 al 7 ottobre 2009, è entrato in vigore il Lodo Alfano, che è sostanzialmente la riproposizione del Lodo Schifani (o Lodo Maccanico) con un nuovo disegno di legge, relativo alle immunità delle prime quattro alte cariche, esclusa la Corte Costituzionale.
Questo provvedimento si differenzia dal precedente in quanto compatibile con quanto è specificato nella sentenza della Corte che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale.
Il lodo Alfano in sintesi prevede che i processi vengano sospesi fino al termine della legislatura in modo da tutelare “l’esigenza assoluta della continuità e regolarità dell’esercizio delle più alte funzioni pubbliche“.
L’allora unico imputato (Silvio Berlusconi) si avvalse così del Lodo Alfano sospendendo tutti i processi a suo carico fino al giudizio di incostituzionalità sentenziato dalla Corte Costituzionale nell’ottobre 2009.
Dopo la bocciatura della Consulta, Berlusconi aveva urgentemente bisogno di un nuovo scudo per ripararsi dai processi (tre, all’epoca) pendenti. Per questo motivo, all’inizio del 2010 viene proposto il provvedimento sul legittimo impedimento, trasformato nella legge 51/2010, oggetto oggi del quesito referendario.


LE MIE RAGIONI
Personalmente ritengo questo quesito il meno importante di tutti, per una serie di motivi:
- fortunatamente la Corte Costituzionale aveva già depotenziato la portata dannosa del provvedimento;
- Berlusconi sembra ormai nella fase calante della sua carriera politica ed, essendo una norma transitoria, perderà forza da sola e, inoltre, ritengo che l’anomalia Berlusconi difficilmente si ripresenterà (almeno con questa virulenza) nella vita democratica del nostro paese;
- considero i quesiti sull’acqua pubblica e sul nucleare veramente vitali, che toccano problematiche apicali che infliggerebbero colpi mortali al cuore della democrazia. Nulla a che vedere con la tentata immunità di un ometto indegno che tra qualche anno sarà solo un brutto ricordo. Nonostante questo, voterò SI al referendum del 12 e 13 giugno perché le firme di milioni di persone (per la proposizione del referendum) devono essere onorate, perché la volontà popolare deve riacquistare potere all’interno dei processi democratici. I governanti devono avere la sensazione che il popolo vigili sul loro operato. Solo così essi saranno in grado di adottare provvedimenti ragionevoli e condivisi.
Considerò altresì l’ uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge un principio ineludibile, totalmente umiliato dal provvedimento che si vuole abrogare.
Ricoprire una carica pubblica è una responsabilità che impone comportamenti trasparenti e non, al contrario, un privilegio che regala l’impunità.
Reitero il concetto: Approfondite, confrontatevi, convincete i vostri familiari ad andare a votate: gli anziani, gli zii, i nonni. Spiegategli perché e spiegategli come….


puntata n.1. ACQUA BENE COMUNE
puntata n.2. NUCLEARE

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