08 giugno 2011

Per chi non l'avesse capito....



..servono 22 milionitrecentotrentaduemilaquattrocentoottantesette voti!!!!!!!

E' dal 96 che non raggiungiamo il quorum per il referendum.

E' questa l'occasione per invertire la tendenza.

Le recenti amministrative hanno creato un vento popolare apprezzabile. Tanta gente a votare, tanta gente in piazza a festeggiare. Lontana da vecchie logiche di partito, la gente ha eletto politici nuovi, persone perbene! Sfruttiamo l'onda lunga delle amministrative per battere questo quorum.

Tra l'altro esiste un problema con la scheda relativa al nucleare. Dopo la sentenza della Cassazione che ha dato il via libera al quesito (ma con modificazioni) si è proceduto alla ristampa di tutte le schede, precludendo però agli italiani all'estero la possibilità di votare. Cosa si fa? la cosa non è indifferente, visto che gli italiani all'estero sono circa 3 milioni. Questa partita risulterebbe davvero decisiva. Verranno conteggiati nel quorum oppure no? In caso affermativo il quorum si alzerebbe a circa il 58% e servirebbe uno sforzo ulteriore notevole per i promotori. In caso negativo costituirebbe un clamoroso autogol da parte del governo, il quale con le sue manovre ostruzionistiche avrebbe solo avvantaggiato la corsa al raggiungimento del quorum.Vedremo. Nel frattempo Di Pietro ha già presentato un esposto.

Gli ultimi giorni risultano decisivi. E' necessario solo che convinciamo a votare i nostri familiari e amici stretti. Non serve molto. 5-6 persone a testa ed il gioco è fatto!!!
Per chi volesse approfondire sui quesiti ecco un breve guida:
1. ACQUA BENE COMUNE
2. NO AL NUCLEARE
3. NO AL LEGITTIMO IMPEDIMENTO DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

02 giugno 2011

3. "ILLEGITTIMO" IMPEDIMENTO

L’approfondimento sul referendum del 12 e 13 giugno 2011 termina con l’analisi dell’ultimo quesito al vaglio degli elettori: quello relativo alla norma sul legittimo impedimento del presidente del consiglio e dei ministri.
Preliminarmente occorre spiegare il significato di legittimo impedimento: il nostro codice di procedura penale prevede che un imputato possa richiedere il rinvio di un’udienza processuale che lo riguarda, in caso di “assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento” (art. 420ter c.p.p.). Ovviamente spetta al giudice la valutazione circa il reale impedimento a comparire dell’imputato.


QUESITO REFERENDARIO
La legge che si intende abrogare è la 51/2010, che rappresenta un’estensione del concetto di legittimo impedimento. Nello specifico la legge sancisce che per il presidente del Consiglio e per i ministri, ove imputati in un processo, costituisce legittimo impedimento lo svolgimento delle loro funzioni previste dalla legge, nonché qualsiasi attività preparatoria o connessa. Praticamente, il premier, ha il diritto di non presentarsi di fronte al giudice, rinviando il processo, anche quando, ad esempio deve preparare un meeting o una riunione istituzionale. L’aspetto più incomprensibile della norma riguarda il fatto che non è prevista la possibilità per il giudice di rifiutare l’impedimento proposto, per cui se esso sia legittimo o meno lo decide l’imputato. Una sorta di autocertificazione. Altra parte deleteria è il comma 4 dell’articolo 1 che recita: “Ove la Presidenza del Consiglio dei Ministri attesti che l’impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni di cui alla presente legge, il giudice rinvia il processo a udienza successiva al periodo indicato, che non può essere superiore a sei mesi”. Praticamente il premier può attestare che per sei mesi l’attività istituzionale gli impedisce di recarsi in udienza e,de plano, il processo viene rinviato. Poiché la legge ha validità per i diciotto mesi successivi alla sua entrata in vigore, di fatto il premier può disertare le aule di giustizia per un anno e mezzo.


LE RAGIONI DEL NO
Secondo i berluscones questa legge risultava necessaria e rappresenta l’ultimo atto della battaglia tra il premier ed una parte della magistratura policitizzata che vuole eliminarlo dalla scena politica attraverso imputazioni inventate. La versione più “moderata” è invece quella di consentire al Presidente del Consiglio dei ministri il sereno svolgimento delle funzioni attribuitegli dalla Costituzione e dalla legge e di trovare una soluzione volta a garantire un nuovo equilibrio tra il potere politico e la giustizia.


SENTENZA DI INCOSTITUZIONALITA'
Nel gennaio 2011 la Corte Costituzionale si è pronunciata sul legittimo impedimento grazie all’eccezione di costituzionalità sollevata dal tribunale di Milano nell’ambito del processo Mills. La Consulta ha cassato il già citato comma 4 dell’articolo 1, per evidenti contraddizioni con l’articolo 3 della Costituzione, mantenendo valido il resto del testo ma evidenziando che è indefettibile il potere discrezionale del giudice circa l’opportunità dell’impedimento. Il provvedimento è stato fortemente ridimensionato (tanto da far ripartire tutti i processi a carico di Berlusconi) ma rimane ancora nell’ordinamento giuridico e quindi, in vigore.
Resta ancora in piedi il diritto del premier, negato ai cittadini comuni, di autocertificare la propria indisponibilità, pur se da sottoporre al parere del giudice.
È per questo motivo che il referendum è rimasto valido, nonostante la parziale bocciatura della legge.


BREVI CENNI STORICI
Per capire come si è arrivati ad una situazione così assurda occorre fare un passo indietro, e fare un breve excursus circa l’eterna querelle tra Berlusconi, la magistratura che lo indaga ed il tentativo dei suoi servetti in parlamento di immunizzarlo dalla legge penale.
Nel 2003 il senatore Antonio Maccanico, per evitare (a detta sua) che nei mesi di presidenza italiana del consiglio europeo potesse venire compromessa la reputazione del nostro paese a livello internazionale, a causa dei processi a carico del premier, propose il cosiddetto Lodo Maccanico(poi modificato con il maxi-emendamento Schifani). Con questo provvedimento si stabilì che non potevano essere sottoposti a processi penali, per qualsiasi reato anche riguardante fatti antecedenti l’assunzione della carica o della funzione fino alla cessazione delle medesime, il Presidente della Repubblica, il Presidente del Senato, il Presidente della Camera dei Deputati, il Presidente del Consiglio dei Ministri, il Presidente della Corte Costituzionale.
Determinazione netta, secca in totale spregio di qualsiasi criterio democratico. All’epoca serviva a neutralizzare le accuse a Berlusconi nel processo SME.
Dall’agosto 2008 al 7 ottobre 2009, è entrato in vigore il Lodo Alfano, che è sostanzialmente la riproposizione del Lodo Schifani (o Lodo Maccanico) con un nuovo disegno di legge, relativo alle immunità delle prime quattro alte cariche, esclusa la Corte Costituzionale.
Questo provvedimento si differenzia dal precedente in quanto compatibile con quanto è specificato nella sentenza della Corte che aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale.
Il lodo Alfano in sintesi prevede che i processi vengano sospesi fino al termine della legislatura in modo da tutelare “l’esigenza assoluta della continuità e regolarità dell’esercizio delle più alte funzioni pubbliche“.
L’allora unico imputato (Silvio Berlusconi) si avvalse così del Lodo Alfano sospendendo tutti i processi a suo carico fino al giudizio di incostituzionalità sentenziato dalla Corte Costituzionale nell’ottobre 2009.
Dopo la bocciatura della Consulta, Berlusconi aveva urgentemente bisogno di un nuovo scudo per ripararsi dai processi (tre, all’epoca) pendenti. Per questo motivo, all’inizio del 2010 viene proposto il provvedimento sul legittimo impedimento, trasformato nella legge 51/2010, oggetto oggi del quesito referendario.


LE MIE RAGIONI
Personalmente ritengo questo quesito il meno importante di tutti, per una serie di motivi:
- fortunatamente la Corte Costituzionale aveva già depotenziato la portata dannosa del provvedimento;
- Berlusconi sembra ormai nella fase calante della sua carriera politica ed, essendo una norma transitoria, perderà forza da sola e, inoltre, ritengo che l’anomalia Berlusconi difficilmente si ripresenterà (almeno con questa virulenza) nella vita democratica del nostro paese;
- considero i quesiti sull’acqua pubblica e sul nucleare veramente vitali, che toccano problematiche apicali che infliggerebbero colpi mortali al cuore della democrazia. Nulla a che vedere con la tentata immunità di un ometto indegno che tra qualche anno sarà solo un brutto ricordo. Nonostante questo, voterò SI al referendum del 12 e 13 giugno perché le firme di milioni di persone (per la proposizione del referendum) devono essere onorate, perché la volontà popolare deve riacquistare potere all’interno dei processi democratici. I governanti devono avere la sensazione che il popolo vigili sul loro operato. Solo così essi saranno in grado di adottare provvedimenti ragionevoli e condivisi.
Considerò altresì l’ uguaglianza di tutti i cittadini dinanzi alla legge un principio ineludibile, totalmente umiliato dal provvedimento che si vuole abrogare.
Ricoprire una carica pubblica è una responsabilità che impone comportamenti trasparenti e non, al contrario, un privilegio che regala l’impunità.
Reitero il concetto: Approfondite, confrontatevi, convincete i vostri familiari ad andare a votate: gli anziani, gli zii, i nonni. Spiegategli perché e spiegategli come….


puntata n.1. ACQUA BENE COMUNE
puntata n.2. NUCLEARE

28 maggio 2011

2. NUCLEARE



Il secondo appuntamento con questa sorta di mini-guida al referendum ci conduce all’analisi del quesito relativo al ritorno al nucleare in Italia.
Una premessa è d’obbligo: gli italiani vennero già chiamati a rispondere su questo tema: esattamente nel 1987 quando, a furor di popolo venne manifestato un netto NO al nucleare. In particolare, furono aboliti il diritto dello Stato di scavalcare un rifiuto di un comune alla costruzione di una centrale nucleare sul suo territorio, l’erogazione di un compenso economico per gli enti locali interessati dalla presenza di una centrale e la possibilità per l’Enel di costruire centrali all’estero.
Il quesito referendario del 2011 propone sostanzialmente l’abrogazione di tre provvedimenti legislativi:
- Il primo è quello che fissa fra gli obiettivi urgenti la “realizzazione nel territorio nazionale di impianti di produzione di energia nucleare”
- La seconda norma interessata dal referendum conferisce al governo la delega per la localizzazione degli impianti nucleari e la definizione dei compensi per le popolazioni che li accolgono. Per impianti non si intendono solo le centrali, ma anche i depositi delle scorie. Viene anche istituita l’Agenzia per la sicurezza nucleare.
- Il terzo provvedimento che si intende abrogare è un decreto legislativo recente (del 2010) che sostanzialmente dà attuazione alle disposizioni precedenti.

LE RAGIONI DEL NO (fautori dell’energia atomica)
Essi affermano che le centrali nucleari sono l’unico strumento che garantisce una produzione massiccia e continua di energia, resa necessaria dall’enorme fabbisogno energetico, peraltro in continua crescita.
Il fotovoltaico e l’eolico sono, per loro natura, tipologie di energia la cui produzione non può che essere discontinua: i pannelli solari funzionano sostanzialmente di giorno, le pale eoliche quando c’è vento. Per questa ragione occorrono fonti energetiche diversificate e sfruttate in parallelo, affinché il fabbisogno sia costantemente coperto.
In Italia la cosa si complica anche a causa del costo dell’energia elettrica, che è particolarmente elevato rispetto alla media europea. Su quest’aspetto, chi sostiene la reintroduzione nucleare afferma che una tale scelta ridurrebbe tale costo, perché l’ampliamento del ventaglio di fonti energetiche favorirebbe lo stabilizzarsi del mercato dell’energia.
Per quanto riguarda l’argomento sicurezza, si sostiene che gli incidenti accaduti hanno riguardato tutte centrali datate. Ad esempio era noto che la centrale di Chernobyl adottasse una tecnologia poco sicura. Si presume le che centrali di nuova costruzione adottino le tecnologie cosiddette di “III generazione”, le quali prevedono un radicale cambiamento nella gestione di sicurezza. Gli addetti del settore indicano tali centrali come “intrinsecamente sicure”, ossia dotate di sistemi di sicurezza che, nel caso in cui qualcosa non funzioni come previsto, si attivano spontaneamente secondo semplici principi fisici (ad esempio la gravità) in grado di arrestare le reazioni nucleari senza l’intervento di sistemi di sicurezza comandati da sistemi elettronici o elettromeccanici.

LE RAGIONI DEL SI ( Antinuclearisti)
Alcuni di essi indicano l’energia solare (o alternativa in genere) come perfettamente sostitutiva a quella nucleare, grazie, ad esempio, alla sua capillarità. I pannelli solari si prestano a un’installazione in piccola scala, destinata alla produzione di energia per il consumo personale. Ognuno potrebbe produrre l’energia che gli serve, attingendo pochissimo alla rete elettrica o, addirittura, riversandovi il surplus di energia sviluppata e non consumata. All’argomentazione circa la maggiore economicità dell’energia nucleare gli stessi rispondono che il prezzo dell’energia dovrebbe venire dopo la sicurezza della popolazione. Le conseguenze di un incidente a una centrale nucleare sono talmente catastrofiche da far passare in secondo piano qualsiasi altra considerazione.
Argomento scorie: ogni reattore produce, oltre all’energia, anche una notevole quantità di scorie, alcune delle quali hanno un’emivita (il tempo per il quale il materiale radioattivo rimane tale) di migliaia di anni. Le scorie vanno custodite in discariche adatte e depositi sicuri. In Francia e in Germania il problema è stato solo aggirato, con depositi che hanno in realtà evidenziato gravi problemi. Ad esempio la miniera tedesca di Asse rischia di trasformarsi in una bomba ecologica.
Le centrali che verrebbero costruite in Italia sono del modello francese EPR (che non corrisponde, a quanto pare, alla famosa quarta generazione). Seguendo i piani inizialmente prospettati dal governo italiano, le prime centrali vedrebbero la luce intorno al 2025 (ma chi ci crede!!). Ha senso investire una tale quantità di denaro in un progetto che rischia di essere obsoleto dalla nascita?? In molti paesi (con qualche eccezione, come la Francia) la produzione di energia elettronucleare difficilmente supera il 20% del fabbisogno di energia elettrica (gli USA, ad esempio, sono al 10%). L’industria del nucleare, inoltre, da anni ormai è rallentata: la stragrande maggioranza delle centrali attive nel mondo ha più di 20 anni, gli Stati Uniti non hanno più approvato alcun progetto di nuova costruzione di centrali nucleari dal 1979!!!
Tutte le grandi nazioni europee fanno marcia indietro e, l’Italia, in controtendenza, spinge per il nucleare. Bizzarro, direi.

BOICOTTAGGIO DEL REFERENDUM
Giorni fa il parlamento ha approvato una delle leggi più indegne e vili della sua storia. Ovverosia, per aggirare i possibili effetti negativi del referendum ha parzialmente abrogato le norme oggetto dei quesiti, cercando di depotenziare questa tornata referendaria.
Questo emendamento è una truffa: da un lato tenta di delegittimare il referendum, attraverso l’abrogazione delle norme oggetto del quesito referendario sul nucleare (commi 2-6), dall’altro però, stando ai commi 1 e 8 crea una disposizione sospensiva che non assicura l’addio al nucleare” affermano gli Antinuclearisti. Essì, perché grazie ad una disposizione sospensiva, si potranno riproporre le norme sul nucleare. Difatti, un emendamento concede al governo di tornare eventualmente in seguito sulla questione dell'uso dell'energia nucleare una volta acquisite "nuove evidenze scientifiche mediante il supporto dell'Agenzia per la sicurezza nucleare, sui profili relativi alla sicurezza, tenendo conto dello sviluppo tecnologico e delle decisioni che saranno assunte a livello di Unione europea".
Una finta rinuncia al nucleare, quindi, che serve a rimandare decisioni delicate a tempi più propizi. Intanto, si eviterebbe lo scenario peggiore per l’attuale governo: un’affluenza record alle urne sull’onda dell’effetto Giappone (come accadde nell’87 con Chernobyl).
Che questa legge sia un tentativo di aggirare l’ostacolo lo ha ammesso palesemente lo stesso Presidente del Consiglio, come fa ormai troppo spesso, non avendo più neanche la decenza di tentare di imbonire i cittadini. Ecco le agghiaccianti parole del premier: «Se fossimo andati oggi a quel referendum, il nucleare in Italia non sarebbe stato possibile per molti anni a venire. Abbiamo introdotto questa moratoria responsabilmente, per far sì che dopo un anno o due si possa tornare a discuterne con un'opinione pubblica consapevole. Siamo convinti che il nucleare sia un destino ineluttabile». S. Berlusconi. Il Giornale, 26 aprile 2011.
Ora a decidere se i quesiti sul nucleare resteranno ancora in vigore e se, quindi, gli elettori potranno esprimere il loro voto sulla questione sarà la Corte di Cassazione, decisione attesa nei prossimi giorni. “Se passasse questo principio, si abolirebbe l’istituzione stessa del referendum, perché basterebbe votare una legge ad hoc e impedire al popolo di esprimersi” tuonano i promotori del referendum.
Dal verdetto dei giudici della Corte Costituzionale (che forse si esprimerà ancor prima della Cassazione) potrebbero uscire fuori diversi scenari:
- referendum invalidato ma vengono accolti gli stessi princìpi chiesti dai referendari, quindi il governo è impedito a legiferare sul nucleare per 5 anni, come successe già successo nel 1978 per alcuni referendum promossi dai radicali;
- viene disdetto il blocco del decreto e quindi si va al voto comunque;
- la Corte rende valido il decreto e il referendum salta.

LE MIE RAGIONI
Innanzitutto trovo scandaloso il tentativo di boicottaggio del quesito relativo al nucleare, tramite la moratoria votata pochi giorni, che conduce, a cascata, il tentativo di neutralizzare l’intera tornata referendaria. Il tentativo di levare ai cittadini anche l’unico strumento di democrazia diretta riservatogli è indegno!!
Da sottolineare anche il ributtante buio informativo adottato dalle televisioni ed alcuni giornali. I giornalisti della Rai, addirittura, hanno ricevuto una circolare che li obbliga a non parlare del referendum. Roba da regime autoritario!! Ecco perché bisogna utilizzare ogni mezzo per far conoscere alla gente l’importanza del voto. Internet è il mezzo sicuramente più importante. Ma non basta: parliamone in famiglia, con gli anziani, con tutti coloro che non hanno accesso ad una libera informazione.
Per quanto riguarda il merito del quesito penso che il vero nodo sta nel considerare il nucleare come alternativo alle energie rinnovabili (solare,eolico ecc.) oppure a quelle non rinnovabili (carbone, petrolio ecc).
Il soddisfacimento del fabbisogno energetico nei paesi industrializzati è affidato per la maggior parte all’energia termoelettrica prodotta da gas naturale e carbone. Secondo gli addetti ai lavori è quindi con questa tipologia di energia che si deve confrontare il nucleare, in quanto la tecnologia attuale non consente alle energie rinnovabili di coprire percentuali elevate di fabbisogno energetico.
Appunto, confrontarlo con le energie rinnovabili è un argomento suggestivo utilizzato dagli Antinuclearisti ma, in realtà, piuttosto sterile.
Piuttosto, bisognerebbe riformulare una nuova politica energetica e verificare se il nucleare riesca a ritagliarsi uno spazio, e non, come si fa adesso, cercare di introdurlo a causa delle pressioni della lobby del nucleare.
Da anni non esiste un piano energetico a lunga scadenza, che possa limitare la dipendenza dagli altri paesi e riqualificare il patrimonio edilizio pubblico.
Argomento sicurezza: l’aspetto di maggior impatto riguardante la sicurezza è dato dall’eventualità di un incidente grave. Gli effetti di un grave incidente nucleare sono realmente devastanti.
Occorre capire se il grado di necessità di impianti nucleare possa superare quello relativo ai rischi che la loro istallazione comporta. A parer mio, il gioco non vale la candela. Le emissioni radioattive proseguono per migliaia d’anni. Per lo smaltimento delle scorie servono dei depositi ove le stesse possano rimanere isolate dal resto del mondo per un tempo, di fatto, illimitato.
Questa considerazione è illuminante: in Italia non siamo riusciti a risolvere ancora il problema delle scorie nucleare prodotte dalle centrali che possedevamo, figurarsi se riusciremmo ad occuparsi di quelle future. Si pensi che mandare in Inghilterra il combustibile nucleare della centrale di Garigliano (Caserta) per il riprocessamento e la sua custodia, ci è costato circa un miliardo e 600 milioni di euro. Il controllare che le radiazioni non escano da quello stesso impianto di Garigliano ci costa 2 milioni di euro l’anno. Lo smantellamento è previsto nel 2024 al costo di 350 milioni di euro.
Si pensi inoltre agli altri costi ambientali come, ad esempio, l’enorme consumo di acqua dolce (una sola centrale consumerebbe 4 milioni di metri cubi di acqua al giorno) ed il peso sulla salute pubblica, dato che è dimostrato un incremento dei casi di tumori della tiroide, leucemie, ecc. a causa dell’esposizione alle radiazioni.
I nuclearisti dicono: “Il nucleare è energia pulita, ne abbiamo bisogno per ridurre le emissioni dei gas di serra”. Si è vero, ma le cose cambiano quando si considera l’intero ciclo della produzione di energia nucleare, che comprende anche la costruzione delle centrali e la dismissione delle stesse, l’estrazione ed il trasporto dei minerali radioattivi e la gestione delle scorie.
Penso che la vera sfida sia anche nel veicolare nel paese una vera cultura del risparmio energetico. Meno energia necessitiamo e più sarà facile studiare una piano energetico stabile e virtuoso, capace di affrancarci da metodi pericolosi e costosi.
Spero siate riusciti a farvi un’idea. Approfondite su Internet, informatevi e, soprattutto….VOTATE!!!
In qualunque modo voi la pensiate..pensate e votate!!

puntata n. 1 : ACQUA BENE COMUNE


...continua


p.s. per la stesura di questo articolo ho consultato, tra gli altri il seguente sito: http://www.votoil12giugno.it/

24 maggio 2011

1. ACQUA BENE COMUNE



Ecco la prima delle tre puntate sul referendum del 12 e 13 giugno.

1. ACQUA PUBBLICA

”L’industria dell’acqua è il miglior settore dove investire” (rivista Fortune).
“Il prezzo dell’acqua corre più del greggio” (Blomberg News).

Questi sono solo due degli annunci apparsi ultimamente in merito al tema della privatizzazione dell’acqua.
Un business impressionante: più di 403 miliardi l’anno, pari al 40% del valore della capitalizzazione delle aziende petrolifere.
Si tratta di un investimento in un settore la cui domanda non è soggetta all’inflazione nè alla recessione nè, tantomeno, ai cambiamenti del gusto. Un’oasi felice insomma.
Passiamo ai quesiti referendari: sono due e riguardano il tema della privatizzazione, o meglio del “processo di privatizzazione” della gestione dell’acqua.

PRIMO QUESITO: fermare la privatizzazione dell’acqua
Esso propone l’abrogazione di un articolo del c.d. decreto Ronchi. L’articolo in questione stabilisce che la gestione del servizio idrico non può più essere affidata a società interamente pubbliche. Con questa norma, si vogliono mettere definitivamente sul mercato le gestioni dei 64 ATO (Ambito Territoriale Ottimale) che, o non hanno ancora proceduto ad affidamento, o hanno affidato la gestione del servizio idrico a società a totale capitale pubblico. Queste ultime infatti cesseranno improrogabilmente entro il dicembre 2011, o potranno continuare alla sola condizione di trasformarsi in società miste, con capitale privato al 40%. La norma inoltre disciplina le società miste collocate in Borsa, le quali, per poter mantenere l’affidamento del servizio, dovranno diminuire la quota di capitale pubblico al 40% entro giugno 2013 e al 30% entro il dicembre 2015.
Dando una quota di sbarramento cosi alta (40%) praticamente si consegna nelle mani di società private tutta la gestione dei nostri impianti idrici. Di fatto, l’acqua non sarà più un bene erogato dal comune (che fa pagare una quota irrisoria a chi ne usufruisce) ma un bene commerciale, non diversamente dai servizi telefonici, o dalla corrente elettrica.

SECONDO QUESITO: fuori i profitti dall'acqua
Il secondo quesito riguarda proprio il possibile aumento delle tariffe. Esso propone l’abrogazione parziale di un articolo del Codice dell’Ambiente che elenca i criteri di determinazione delle tariffe. Il referendum propone di cancellare, fra questi, quello “dell’adeguatezza della remunerazione del capitale investito”. Tale criterio permetterebbe al gestore del servizio di includere nella bolletta un 7% che rappresenta un profitto aggiuntivo in virtù dell’investimento effettuato. Praticamente il gestore può permettersi di far pagare di più tutti solo per il suo guadagno, senza legami con il servizio erogato.

Sintetizzando, quello che i promotori del referendum vogliono scongiurare è il processo di privatizzazione del servizio idrico nazionale che si attua secondo due direttrici:
1. Gestione privata dei servizi idrici. Quota del 40%
2 Istituzionalizzazione del profitto (7%) sotto forma di remunerazione dell’investimento effettuato dalla società privata.

LE RAGIONI DEL SI (acqua pubblica)
Le norme in questione aprono le porte allo sfruttamento commerciale dell’acqua come prodotto, con ampi margini di lucro. La differenza principale tra gestione pubblica e privata è infatti negli scopi. L’obiettivo di un ente pubblico è garantire un servizio senza perdite economiche. Quello di un privato è massimizzare il profitto.
Con riguardo al secondo quesito, abrogando questa parte dell’articolo sulla norma tariffaria, si elimina il “cavallo di Troia” che ha aperto la strada ai privati nella gestione dei servizi idrici: si impedisce, sostanzialmente, di fare profitti sull'acqua.

LE RAGIONI DEL NO (nulla osta al processo di privatizzazione)
I sostenitori del no partono da una semplice premessa: nessuno vuole privatizzare l’acqua. Nelle intenzioni del legislatore, con il decreto Ronchi avviene esclusivamente la privatizzazione della gestione del servizio idrico. Ovverosia l’acqua rimane pubblica (e meno male), gli acquedotti sono e rimangono pubblici, le altre infrastrutture idem: solo che a lavorarci e portarci l’acqua a casa potranno esserci aziende private. Oggi, invece, quasi tutti i gestori sono soggetti pubblici ed è questa una delle cause per cui le nostre infrastrutture si ritrovano a perdere mediamente il 30% dell’acqua che portano.
Lo spiega Andrea Gilardoni, docente di Economia alla Bocconi: «Il settore idrico è oggetto di grande attenzione, ma richiede grossi investimenti, che la pubblica amministrazione non è più in grado di sostenere. Il fabbisogno è di gran lunga superiore alle risorse disponibili e non resta che il ricorso alla finanza privata per riparare le reti e garantire una gestione efficiente delle varie fasi».
Pare che per ammodernare la rete, occorrano 60 miliardi di euro. Gli enti pubblici, soprattutto in questo momento storico, non dispongono di tali risorse. Ed un aumento delle tariffe, per mano pubblica, non sembra proponibile: quale sindaco si prenderebbe l’onere di aumentare corposamente le tariffe per l’acqua a fronte di possibili, anzi quasi certe, ricadute elettorali??
Altro argomento portato avanti dai sostenitori del NO: le nostre tariffe sono tra le più basse d’Europa e ciò non fa altro che alimentare gli sprechi: chi si preoccupa di risparmiare acqua, se tanto costa poco ed incide relativamente sul budget familiare o aziendale?
Contro il presunto aumento vertiginoso delle tariffe dopo la privatizzazione, i fautori del no rispondono che, è vero che mediamente tutte le aree passate alla gestione privata hanno ottenuto un aumento sulla “bolletta”, tuttavia si tratterebbe di un aumento esiguo. Molti enti locali hanno mantenuto talmente basse, da non essere riusciti nemmeno ad azzerare i costi. Ancora oggi in molte realtà si fornisce l’acqua sotto-costo, lasciando sempre un debito arretrato che verrà pagato da Enti superiori o verrà fatto pagare in maniera indiretta ai cittadini.

LE MIE RAGIONI
Dopo aver illustrato le tesi dei fautori del referendum e la volontà del legislatore che ha decretato queste leggi, supportato dai fautori del NO, vorrei esporre la mia opinione personale.
L’idea che il privato riesca ad essere più efficiente di un Ente pubblico non è del tutto scontato. Piuttosto bisognerebbe intervenire affinché questi settori siano adeguatamente monitorati e sovvenzionati per continuare ad evere un servizio di qualità, senza sprechi ed accessibile a tutti. Tra l’altro la manutenzione della rete, pare che rimarrà a carico del settore pubblico. Si tratta di una situazione simile a quella della rete ferroviaria, in cui la gestione dell’infrastruttura è pubblica mentre l’erogazione del servizio di trasporto è affidata a società terze, anche private.
Pare, tra l’altro, che le banche stiano mettendo i propri artigli sulla gestione dell’acqua. Dopo aver acquisito piccole quote nelle principali società idriche del settore, ora si avvicina il momento di affondare il colpo.
Una rivoluzione per il settore, che riverserà in Borsa partecipazioni per oltre due miliardi di euro nei prossimi tre anni e mezzo, rimettendo in gioco gli attuali assetti proprietari. Le tariffe saranno il vero spartiacque di un ingresso in forze della finanza privata. Le Banche interverranno nel settore solo dopo aver verificato la possibilità di profitti adeguati. Con le nuove norme questi potranno esserci. Le banche difatti hanno fiutato rendimenti costanti e rischi contenuti. Di questi tempi, cosa desiderare di più?
Ecco, consegnare un settore così delicato a spregiudicati amanti del profitto , sarebbe un suicidio ed un colpo mortale ad uno dei diritti universali dell’uomo.
La mia idea è che, al di la della gestione pubblica o privata, bisogna far riaffermare il concetto dell’acqua come diritto, piuttosto che come bene mercificabile.
In alcuni stati dell’America Latina come Bolivia ed Ecuador l’acqua pubblica, come diritto umano non privatizzabile, è diventato, addirittura, un principio costituzionale. Altro che repubblica delle banane!
L’acqua è un bene comune inalienabile, fondamento della vita, la cui disponibilità deve essere garantita a tutti ed a tariffe basse, più per principio che per reale meccanismo di welfare.
Se si completa il processo di privatizzazione dell’acqua rimarrà l’amara sensazione che ci si possa far privare di tutto, anche di quei diritti universali che sembravano inalienabili fino a poco tempo fa.

Utilizziamo l’unico strumento di democrazia diretta che la Costituzione ci consente di esercitare.
In qualunque maniera voi la pensiate…pensate e votate!!!



p.s. per la realizzazione di questo post ho acquisito informazioni, tra gli altri, da questi siti: camminando scalzi - disinformazione.it

Battiquorum




Il blog riapre i battenti per una causa importante: il referendum del 12 e 13 giugno.
La consultazione ci proporrà quesiti importanti, fondamentali sotto alcuni aspetti.
Nella coscienza di molti (perlomeno nel popolo di internet) c’è la consapevolezza di una battaglia giusta, di un referendum che deve necessariamente superare il quorum (50% di votanti sul totale degli aventi diritto) e spazzare via leggi considerate da tutti ingiuste.
Ma quali leggi andiamo ad abrogare qualcuno lo sa???
Al di la dei tecnicismi delle disposizioni di legge, molti non conoscono neanche il senso del referendum e delle norme da abrogare (cioè da cancellare dall’ordinamento giuridico).

Questo speciale (in tre puntate) è volto a spiegare esaustivamente, ma senza entrare troppo nei dettagli, la ratio dei quesiti referendari.
Perché solo attraverso la conoscenza si riesce ad essere convincenti.
Convinciamo tutti ad andare a votare il referendum…
…e, soprattutto, spiegiamogli perché……..

PUNTATA N. 1 QUESITI SULL’ACQUA PUBBLICA
PUNTATA N. 2 QUESITO SUL NUCLEARE
PUNTATA N. 3 QUESITO SUL LEGITTIMO IMPEDIMENTO


....stay tuned

12 gennaio 2011

Quegli odiosi pacchetti matrioska





L’emergenza rifiuti in Italia è incessante e rappresenta una piaga che, però, non risparmia gli altri paesi europei. L’intero mondo globalizzato consuma troppo e produce montagne di rifiuti.
Uno dei modi per ridurre la massa di rifiuti che intasa le discariche consiste nell’eliminare l’odioso fenomeno dell’”Over-Packaging”. Con questo termine si indica l’eccessivo utilizzo di imballaggi (carta, cartone, fogli di carta) nei prodotti alimentari, elettronici ecc.
Quelle scatole e scatolette, infilate una dentro l’altra con un diabolico incastro stile matrioska costituiscono infatti un pericoloso problema ed un aggravio all’intero ciclo dello smaltimento dei rifiuti. Rappresentano,tra l'altro, un doppio spreco. Dal punto di vista dello smaltimento ed anche da quello economico, dal momento che aumentano il prezzo finale del prodotto(tra il 20 e il 50 per cento).
Tonnellate di rifiuti che vanno ad aggiungersi ai prodotti che consumiamo, semplicemente in quanto “involucro”.
Guardate il video qui sopra. Questo esempio è lampante. A cosa serve (ma forse è facile intuirlo) confezionare due semplici fogli di tatuaggi per bambini in diversi strati di plastica e cartone plastificato???
Bisogna trovare delle alternative. Anche in Italia (in ritardo rispetto agli altri paesi europei) stanno partendo delle iniziative rivolte in tal senso.
La provincia di Trento, ad esempio, ha ideato una campagna denominata “Ecoacquisti”. L’iniziativa è partita qualche giorno fa ed aiuta il cittadino nella scelta di esercizi commerciali che rispettino l’ambiente. Punti vendita che propongano prodotti sfusi o prodotti di marche con particolare attenzione verso il problema dell’over-packaging. I negozi che aderiscono a questo progetto devono dare la possibilità ai clienti di utilizzare, ad esempio, dei cartoni vuoti per raccogliere e portare a casa comodamente la spesa più pesante, dare la possibilità di scartare i prodotti acquistati e lasciare gli imballaggi inutili al supermercato in modo che lo stesso provveda allo smaltimento. E poi ancora: vendita all’interno del proprio esercizi di detersivi sfusi ma anche di piatti e bicchieri sfusi. I salumi ed i formaggi devono essere confezionati con carta separabile o di velo. Il risparmio in alcuni casi arriva fino al 30 per cento.
Un altro modo per ridurre l’over-packaging consiste nel potenziare il commercio elettronico. Esso consente, infatti, di collegare direttamente il produttore e il consumatore. Saltando i passaggi intermedi viene meno la necessità degli imballaggi che li accompagnano.
Ma il vero nemico delle campagne contro gli imballi inutili è il marketing. Difatti il packaging è da sempre utilizzato come strumento per promuovere il prodotto.
Dalle immagini ai claim, dai colori alla forma, alla grandezza: tutto è studiato nella confezione di un cosmetico e di un prodotto alimentare. Si può dire che il packaging è una vera e propria pubblicità che bombarda tutti coloro che vagano per gli scaffali dei supermercati per fare la spesa. Il packaging rappresenta quindi un vero e proprio veicolo di promozione del prodotto e difficilmente le aziende intenderanno rinunciare a tale forma di marketing,sicuramente efficace.
Alcuni paesi europei sono, ovviamente, più avanti nella riduzione degli imballi. Si pensi che, addirittura, nel Regno Unito, l'over-packaging è un reato e “Sainsbury's”, una delle più diffuse catene della grande distribuzione, è stata citata in giudizio per un packaging considerato eccessivo. Sainsbury’s dovrà rispondere di fronte al Linconlshire Country Council per violazione della direttiva europea che proibisce l’imballaggio eccessivo dei prodotti (la 94/62/CE); la sanzione prevista è misera e potrà variare dalle 500 e le 3000 sterline e questa rappresenta, purtroppo, l’ipocrisia, anche a livello europeo, con cui si affronta il problema.
In ogni caso la lotta è aperta. Quando le esigenze di smaltimento vanno a cozzare contro istanze di tutela della salute pubblica (vedi discariche non volute dai cittadini) bisogna cambiare angolo di visuale. La nuova sfida è ridurre le tonnellate di rifiuti da smaltire e la lotta all’overpackaging rappresenta un punto di svolta.

19 novembre 2010

Gli scherzi del "destino"



Governo-Finocchiaro:Ne serve uno di responsabilità nazionale
Governo,Bersani:esecutivo di responsabilità nazionale,intesa con UDC
Buttiglione Governo di responsabilità nazionale serve a premier
Govvero, Veltroni:Berlusconi finito. Ora uno di sicurezza nazionale
Fli: Urso, in caso di elezioni promuoviamo poli di responsabilità nazionale


Ecco il valzer delle dichiarazioni di questi giorni.
Gli sciacalli entrano in azione.
Copione scontatissimo: i partiti non ancora pronti alla consultazione elettorale spingono per il c.d. governo di responsabilità nazionale o istituzionale (PD, UDC,FLI); i partiti che godono di buona salute (LEGA e ITALIA DEI VALORI) spingono per le elezioni anticipate, facendo leva sull’evidente bluff di una maggioranza alternativa che subentri a Berlusconi.
Ma cosa si intende per governo di responsabilità nazionale? Esiste differenza col governo tecnico?
Diamone una definizione:
Con la locuzione governo istituzionale si indica un governo che si forma come risoluzione di una crisi di Governo, quando il parlamento non riesce ad esprimere una maggioranza in grado di sostenere un candidato politicamente schierato. Per questo motivo, spesso, come Presidente del Consiglio dei ministri viene designato un esponente delle istituzioni che, per la sua lunga esperienza nelle istituzioni o nelle strutture di governo, rivesta la fiducia di larga parte del parlamento.
Spesso viene anche indicato come governo tecnico, soprattutto quando i ministri che lo compongono sono studiosi o imprenditori di chiara fama nei loro campi. Tali governi restano in carica generalmente per gestire l'ordinaria amministrazione durante il periodo che separa la crisi di governo dalle elezioni, oppure per il tempo necessario ad introdurre una riforma non più rinviabile (come ad esempio una riforma pensionistica), ma che per motivi politici non riesce ad essere varata dal parlamento. Infine un governo istituzionale può nascere per gestire un momento particolarmente difficile della vita sociale, economica o politica di una nazione, come ad esempio un periodo di forte crisi economica.Alcuni dei governi tecnici realizzati in Italia sono stati:
• Il governo Amato I che si occupò di una crisi monetaria internazionale;
• Il governo Ciampi che varò la riforma elettorale introducendo il sistema maggioritario;
• Il governo Dini che varò la rifoma pensionistica che porta il suo nome.
• Il governo Amato II che portò il paese alle elezioni durante la XIII Legislatura.]
Il governo istituzionale, o di "larghe intese", permette una maggiore governabilità del Paese, e soprattutto implica la collaborazione di entrambi gli schieramenti politici.
Personalmente penso sia meglio andare ad elezioni subito.


Ad ogni modo è necessario porre fine a questo squallido teatrino, nel quale si mettono in scena, fintamente, problemi reali allo scopo di usarli come cartina di tornasole, per favorire le solite manovre di palazzo.
Chi vuole elezioni subito non pensa affatto, come dichiarato, che il governo istituzionale vada a sovvertire la volontà popolare espressa dagli elettori nel 2008. Al contrario vuole solamente sfruttare la scia positiva dal punto di vista elettorale per non rischiare di disperderla in un governo che bivacchi fino alle elezioni.
Chi non vuole le elezioni subito antepone due motivazioni:
- la prima: procedere alla riforma elettorale prima di chiamare in causa gli elettori.
Ma qual è il fine ultimo di questo intento? Ritornare al proporzionale stile Prima Repubblica? O semplicemente reintrodurre le preferenze (cioè ogni elettore potrà scegliere il proprio candidato)?
Ma siamo veramente sicuri che ritornare a questo sistema sia la cosa giusta? In un paese condizionato dalle mafie, dove quattro regioni del sud sono completamente in mano alle consorterie mafiose è veramente conveniente lasciare che esponenti politici del luogo possano fare campagna elettorale nel proprio territorio, alimentando voti di scambio e connivenze mafiose??
- seconda motivazione sbandierata dai "pro-governo istituzionale": le elezioni costano troppo ed il paese non può permetterselo in questo momento di crisi.
Verissimo, le elezioni costano circa 600 milioni di euro. Bazzecole però, se si considerano gli enormi sprechi e costi della politica. Basterebbe un bel taglio a questa voce di bilancio, unita magari ad un’autotassazione da parte dei parlamentari ed il gioco è fatto.
Si può fare.
Nei primi anni 90 l’autotassazione coatta la subirono tutti i cittadini italiani. Mi riferisco al Governo Amato (a proposito di governi tecnici) che operò in assoluta emergenza finanziaria effettuando un prelievo forzoso dai conti correnti degli italiani.
Quindi, la mia opinione è: elezioni subito, se si aprirà una crisi di governo il 14 dicembre. A costo di veder vincere nuovamente Berlusconi e la sua ciurma.
E' ora che gli oppositori tirino fuori le palle ed escano allo scoperto. In modo da vedersi riconoscere il merito storico di aver posto fine all' incubo berlusconiano, sconfiggendolo sul campo senza attendere l'aiuto di "forze esterne". A proposito, che altro avvenimento importante c'è il 14 dicembre???
Gli scherzi del "destino"!!!


05 novembre 2010

pecunia non olet...e la mariuana???




Mentre il "sistema" si affanna a minimizzare l'ennesima figuraccia di uno dei suoi piccoli esponenti (tra puttane,festini e battute di pessimo gusto), ed i "paladini dell'antisistema" si affannano ad esaltare l'ennesima figuraccia di uno dei suoi piccoli pseudonemici, si stà per perpetrare un altro spregio al welfare del nostro paese, nel silenzio (quasi) generale dei media.
In sostanza, il ministro Tremonti riesce a trovare svariati milioni di euro per finanziare le scuole private cattoliche. Fondi, che erano stati tagliati, ma che verranno prontamente reinseriti nel bilancio dello Stato.
Ecco alcuni passi dell'articolo di Barbacetto sul Fatto Quotidiano di oggi.

[...]niente paura, i soldi per le scuole non statali ci saranno. Col plauso del Vaticano che incassa una promessa nero su bianco.
Non statali e cattoliche
Infatti la legge di stabilità aveva previsto per il prossimo anno un taglio ai finanziamenti per le scuole paritarie di 253 milioni di euro su un totale di 534, ovvero il 47% in meno. “Una parte di questi soldi – spiega Pier Paolo Baretta, capogruppo del Partito democratico in Commissione Bilancio alla Camera – sono relativi alle scuole non statali, come gli asili comunali. Ma la stragrande maggioranza riguardano le scuole cattoliche, a partire dalle primarie. L’ammontare che Tremonti ha proposto per ripianare il taglio sono proprio 250 milioni, praticamente tutti”.
[...]La modifica, dato che tutti gli emendamenti alla Finanziaria sono stati respinti, avverrebbe in un decreto successivo, il cosiddetto “milleproroghe”. É toccato al viceministro Giuseppe Vegas parlare con i deputati della Commissione Bilancio e spiegare che in 15 giorni potranno visionarlo. “I bisogni sono sempre superiori alle risorse” ha ammesso Vegas. Quindi in quel decreto di soldi per l’istruzione quanti ce ne saranno? Perché i tagli a scuola e università sono elevatissimi. Il Fondo per il Finanziamento ordinario degli atenei, per esempio, verrà ridotto di 1,5 miliardi, mentre il diritto allo studio subirà il colpo più grosso: dai 246 milioni dello scorso anno si passerà ai 25,7 del prossimo e ai 12,9 di quello successivo. All’università, quindi, ci andrà solo chi se lo potrà permettere, in barba all’articolo 34 della Costituzione, secondo cui “i capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi”. Per loro, il 90% di borse in meno, che già oggi erano disponibili solo per il 60% degli idonei.
La situazione è aggravata dal taglio delle risorse agli enti locali. Perché anche le Regioni contribuiscono autonomamente ad aumentare il fondo per il diritto allo studio. Ma da quest’anno hanno dovuto annunciare a loro volta pesanti riduzioni.
“Vi assicuro che non ci sarà alcun taglio delle borse di studio” ha dichiarato ieri il Ministro dell’Istruzione Mariastella Gelmini. Ma forse non ha fatto i conti con Giulio Tremonti, che sembra avere altre priorità. [...]I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, rimarranno al palo, grazie a un governo che riduce il diritto allo studio del 90%, cancella il fondo di 103 milioni di euro per la gratuità dei libri di testo nella scuola dell’obbligo e alle superiori. Le smentite del ministro non trovano riscontro nei riferimenti normativi della legge di stabilità”.
[...]L’Unione degli Universitari ha promosso per il 10 e l’11 novembre due giornate di mobilitazione nazionale “per denunciare come il governo stia letteralmente cancellando un diritto costituzionale pilastro fondamentale per il futuro dei giovani e del Paese”.


Altra notizia: Il ministro Brunetta è stato graditissimo ospite recentemente ad un convegno organizzato dallo IOR. Gli alti esponenti del Vaticano hanno l'occhio lungo evidentemente.Essì, perchè sanno bene che mister Brunetta (anche lui va a puttane) potrebbe avere un peso nella concessione dell'esclusione dell'Ici (a partire dal 2014) per le strutture della Chiesa con attività commerciale, ricettiva e assistenziale. Berlusconi fa parte del passato ormai. Su di lui l'indignazione è totale.

Per Brunetta un pò di meno.
Daltronde è palese:pecunia non olet, la mariuana dei festini evidentemente si.

14 febbraio 2010

Class action all'amatriciana




Finalmente, anche in Italia è entrata in vigore la class action, ossia quello strumento processuale, di derivazione americana, che permettere di istituire un'azione collettiva contro le grandi aziende o multinazionali che danneggiano i diritti dei consumatori. Ricordate il film Erin Brockovich??
Ecco, non c'entra assolutamente nulla, per il semplice fatto che il nostro legislazione pasticcione (o furbetto?) ha stravolto lo spirito della legge, istituendo uno strumento depotenziato.

Ecco un mio articolo sulla class action, apparso sul sito dell' Osservatorio per la legalità ed i diritti.

Lo potete leggere qui.


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26 dicembre 2009

Caso Bergamini: vogliamo verità


 

Donato Bergamini era un promettente giocatore del Cosenza, la squadra della mia città, per la quale tifo appassionatamente. All’epoca della sua morte (19 Novembre 1989) avevo solo cinque anni. Pochi, per rendermi conto del dramma di una famiglia e di una tifoseria intera, affezionata al talentuoso centrocampista. Ora, a distanza di vent’anni, i familiari di “Denis” (è il suo soprannome) supportati da migliaia di giovani desiderosi di verità e giustizia, chiedono la riapertura del caso.

Suicidio. E’ la tesi della procura di Castrovillari, che ha archiviato frettolosamente il caso. Di tutta la vicenda, ingarburgliata ed oscura, l’unica cosa certa è che non si tratta di suicidio, o quanto meno che il suicidio non è dovuto a depressione o problemi personali del ragazzo.

Ricostruiamo la vicenda, evidenziando i numerosi interrogativi che si profilano: il 18 novembre del 1989 Bergamini viene trovato morto sulla statale ionica 106, nei pressi di Roseto Capo Spulico. Donato, dodici ore prima del match domenicale, abbandona il ritiro e si reca, con la sua ex ragazza, ed a bordo della sua inconfondibile Maserati bianca, verso Taranto. All’altezza di Roseto i sue si fermano su una piazzetta di sosta e dopo un’accesa discussione, Donato si sarebbe gettato sotto le ruote di un camion che percorreva la statale. La ragazza di Denis è l’unico testimone del tragico evento. Le circostanze appaiono però inverosimili, smentite dall’autopsia e da un’altra serie di indizi contrastanti.

Facciamo un passo indietro per fare una fotografia del contesto dove si svolge questa brutta storia. Denis, da un po’ di tempo, girava in città con una “appariscente” Maserati bianca biturbo, regalatagli, si dice, da un noto pregiudicato della città. Si dice che la macchina fosse usata dalla malavita cosentina per trasportare droga, con Bergamini, corriere inconsapevole, almeno in una fase iniziale. Pare che Bergamini si fosse cacciato in un giro losco, fatto di droga, calcio scommesse e partite truccate, sullo sfondo di una cittadina di provincia soggiogata dalla malavita degli anni ottanta. La stessa ragazza, Isabella, era molto chiacchierata in città e molti ritengono che essa custodisca le ragioni della morte di Denis.

Il padre di Donato, dal sito internet recentemente allestito per tenere vivo il ricordo di suo figlio, fa alcune considerazioni:

- la sera dell’incidente pioveva. Il padre, recatosi nella piazzola di sosta dopo la tragedia, nel punto in cui era avvenuto il diverbio ricorda che le scarpe si infangarono di una melma attaccaticcia. Perché invece, le suole delle scarpe di Denis risultano pulite? Inoltre, essendo le scarpe di camoscio, perché non presentano nessun graffio, nonostante il brigadiere ( che accompagnò il padre sul luogo dell’incidente) abbia detto che Denis fu trascinato, dopo l’impatto, per 64 metri? Le scarpe arrivarono a casa Bergamini un mese dopo la disgrazia, consegnate dal signor Ranzani ma fatte avere da un certo “Mimmolino”, il quale si era raccomandato di non far sapere nulla e che presto sarebbe venuto a trovare la famiglia insieme ad un certo “Alfredo”, il quale aveva bisogno di parlare con loro. Entrambi erano factotum della società Cosenza Calcio. Durante l’ultima partita di campionato, a Trieste, i sue partirono insieme al portiere in auto, il quale guidò fino a Trani.Una volta scaricato il portiere, i due proseguirono per la Statale Jonica per portare una sciarpa sul luogo del tragico incidente. Poco distante dal luogo morirono entrambi in un incidente con dinamiche ancora da chiarire.

- il ragazzo è stato trascinato per 64 metri dal camion carico di mandarini. Al momento del sopralluogo però il camion si trovava ad una distanza di circa un metro dal corpo, disteso a pancia in giù. Inoltre la Maserati si trovava dietro al camion anziché sulla piazzola. Perché il brigadiere parla di un trascinamento di 64 metri, quando dal sopralluogo effettuato dai familiari e da alcune immagini girate da Rai 3 le distanze non coincidono, in quanto dal luogo indicato dal brigadiere al luogo dove è stato ritrovato il corpo ci sono 100-110 metri di cui 64 non percorribili a causa di sassi e avvallamenti? Ancora: se il corpo è stato trascinato per tanti metri per quale motivo non esiste nessuna frattura ossea? Dall’autopsia, effettuata con la riesumazione del corpo dopo circa 50 giorni dopo, risulta che la morte sia avvenuta per arresto cardiaco e dissanguamento con schiacciamento al torace. Il corpo presentava una ferita ampia sulla parte destra del bacino restringendosi sino a raggiungere le parti intime. Dagli esami eseguiti risulta che con tale ferita la morte doveva essere molto più lenta, mentre è avvenuta in pochi secondi. Se Bergamini si è tuffato sotto il camion (tesi della ex fidanzata) o attraversato la strada a testa china (tesi del camionista) perché la ferita si trova sul lato destro del bacino, e non sul sinistro? Inoltre perché il corpo non si trova a circa 15-18 metri dall’impatto (come sarebbe dovuto essere secondo il perito, stabilita la velocità del mezzo) ma bensì a 64 metri? Perché l’orologio che Denis aveva al polso al momento della disgrazia funzionava ancora perfettamente ed il vetro non presentava alcun graffio?

- perché all’ospedale di Trebisacce l’infermiera consiglia alla madre di non vedere il figlio perché completamente sfigurato mentre, dall’autopsia il corpo di Bergamini risulta completamente intatto? Perché i vestiti non vengono mai consegnati ai familiari?

Ecco le considerazioni del padre del giovane calciatore. Domande plausibili, ignorate dalla procura ed analizzate solo da qualche giornalista che, periodicamente, si avvicinava al caso.

I dubbi sul suicidio sono rilanciati, anche, da altre considerazioni: non furono registrate tracce di frenate sull' asfalto, né macchie di sangue. Non reggerebbe la tesi della fidanzata Isabella Internò cla quale dice che Bergamini aveva deciso di lasciare il calcio, il denaro e la notorietà, per raggiungere Taranto ed imbarcarsi per la Grecia (tra l'altro, da Taranto non parte alcuna nave per la Grecia). Particolare attenzione c'è per una telefonata giunta in casa Bergamini, cinque giorni prima di quella tragica sera di Roseto Capo Spulico. Bergamini aveva raggiunto Ferrara dopo il pareggio a Monza del Cosenza. La solita sosta del lunedì prima della ripresa degli allenamenti. Ricevette una telefonata, al termine della quale risultò visibilmente scosso. Chi c’era dall’altra parte del telefono? Chi parlò con Bergamini quel giorno? Su questa telefonata il padre di Donato insiste molto. Domenica 19 si giocava Cosenza-Messina e la partita era in schedina: l' ipotesi che dietro la morte di Bergamini ci sia l' ombra del Totonero è molto forte. Tanto più che il 18 novembre nel ritiro di Rende capitarono a far visita alla mezzala del Cosenza due personaggi che sono rimasti ancora misteriosi.

Ecco tutte le domande senza risposta di questa vicenda. Una tipica vicenda di malavita di provincia, dove le istituzioni e la magistratura si lasciano invischiare dalla melma di mezze verità, omertà e depistaggi, tipiche di queste situazioni.

Recentemente, in occasione del ventennale della morte di Bergamini, alcuni media nazionali e la trasmissione Chi l’ha visto (ecco il video) si sono occupati della vicenda. Altro documento indispensabile per chi volesse informarsi è il libro di Carlo Petrini “Il calciatore suicidato”. E’ notizia di pochi giorni fa che un parlamentare chiederà un’interrogazione parlamentare sul caso Bergamini.

Oggi la Curva Sud dello Stadio San Vito di Cosenza porta il suo nome, mentre all'interno degli spogliatoi è conservato un mezzo busto che lo raffigura. Ancora oggi a Cosenza, i ragazzi della curva né tengono vivo il ricordo. Anche dalla rete giungono messaggi di protesta e ricerca della verità. E’ nato un gruppo facebook, il quale chiede la riapertura delle indagini.

Domani 27 Dicembre a Cosenza si terrà una manifestazione per Denis. Ecco il programma. Invito tutti i Cosentini che leggono questo articolo ad aggregarsi al raduno. Per far riaprire le indagini, per non lasciare irrisolto un ennesimo mistero d’Italia.

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